In collaborazione con Libreria Tra le Righe e L’Orsa Minore
case editrici: Bollati Boringhieri e Milieu Edizioni
Dialogo intorno alle pubblicazioni
La scienza dei materiali è una disciplina affascinante e misteriosa. Capire di cosa sono fatte le sostanze che ci circondano, quale sia la loro struttura chimico-fisica e la tecnologia che le produce è un’avventura appassionante. Esiste poi un’intera classe di materiali del tutto speciale: sono quelli che inseriamo nei nostri corpi per vivere meglio.
In alcuni casi, proprio per poter continuare a vivere. Li chiamiamo biomateriali e hanno una storia peculiare, fatta di ricerche pionieristiche e visionarie, di svolte scientifiche inaspettate, esperimenti eroici e, in più di un caso, di sfacciata fortuna. I nostri tessuti, normalmente, non amano i corpi estranei, ma i biomateriali aggirano le difese dell’organismo ed è proprio a loro che è dedicato questo libro. Con uno stile avvincente e grande competenza, Materiali per la vita racconta le vicende di queste sostanze, i protagonisti che le hanno studiate e il travagliato percorso che infine ne ha consacrato l’uso.
Scopriremo perché il titanio è così straordinario, di cosa è fatta l’amalgama che ripara i nostri denti, che uso facciamo del silicone, del collagene e dell’acido ialuronico e che legame c’è tra un coraggioso pilota della Royal Air Force della seconda guerra mondiale e i cristallini artificiali che oggi donano la vista a tante persone che altrimenti l’avrebbero perduta. Scopriremo anche i segreti degli stent coronarici e la struttura delle leghe a memoria di forma, per giungere all’ultima frontiera dei biomateriali: le tecnologie al servizio dell’ingegneria tissutale, capace di rigenerare i tessuti malati dove e quando serve.
Forse non siamo ancora dei cyborg, metà umani e metà artificiali, ma certamente negli ultimi decenni stiamo diventando creature sempre più ibride proprio grazie ai biomateriali, che in maniera crescente ci stanno garantendo un’esistenza più sana, più lunga e migliore. Paleodesign è un atlante di immagini commentate, una storia alternativa del quotidiano, una strana famiglia di oggetti che sembra ispirarsi alla preistoria per dialogare con la modernità. In questo senso è anche un laboratorio della materia e del gesto, una riflessione sul contemporaneo e sul futuro dell’uomo.
“Paleo” non significa qui recupero dell’arcaico o nostalgia per un passato “naturale”, non è revival o riuso, ma è un’esperienza della mano e del corpo che mette in connessione chi utilizza oggetti con il Pleistocene attuale che è in noi: da trecentomila anni Homo sapiens costruisce cose e le trasforma in simboli, dal Paleolitico fino a oggi non ha mai smesso di prestare un’anima alla materia per trarne emozioni, racconti, idee. Paleodesign è questa capacità dell’oggetto di attivare attorno a sé un ecosistema primario, una geogra a di significati, una cosmologia domestica. Perché per sedersi basta un sasso, tutto il resto è immaginario.