Il pluralismo dei media, componente sostanziale del diritto all’informazione statuito dall’art.21 della nostra carta costituzionale, appare oggi come un miraggio o come il fantasma di un nobile diritto ormai estinto. E non è un’esagerazione se osserviamo l’attuale ecosistema informativo dove, alla tradizionale nostrana poco sana abitudine ai monopoli nel campo editoriale si sono andati progressivamente affiancando la crisi dell’editoria, quella della lettura, la concentrazione del mercato pubblicitario nelle mani delle grandi imprese della rete ed il trasformarsi dei social network in luoghi principali per la distribuzione delle notizie secondo criteri algoritmici non propriamente trasparenti.
In questo scenario le piccole aziende editoriali vengono inglobate dai grossi gruppi, a volte solo per destinarle ad una lenta agonia che si conclude molto spesso con la chiusura. Il crollo dei modelli di business, pubblicitario e distributivo, su cui si sosteneva il giornale cartaceo richiede nuovi modelli economici e nuove disponibilità finanziarie che, all’interno di una crisi economica generale strutturale e cronica, appaiono poco raggiungibili.
Quali soluzioni possibili? Quale intervento (privato o pubblico) si può immaginare a tutela del pluralismo dell’informazione? Come superare gli schemi clientelari, politici e lobbistici che governano il mondo dell’informazione?